Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

Toccante, vero, profondo  ☼☼☼☼☼


Mark Haddon – Einaudi, 2003, pp.247

Mezzanotte e 7 minuti.
Sul prato davanti alla villetta della signora Shears, il cane Wellington è steso a terra, morto, trafitto da un forcone.
E’ Christopher a scoprire il cadavere, è a Christopher che la signora Shears urla di andarsene ed è Christopher che, reagendo con violenza a un poliziotto invadente, viene portato in centrale.
E’ sempre Christopher che, riportato a casa dal padre, senza accuse, prende la decisione di scoprire “chi” ha ucciso il povero Wellington, raccogliendo indizi, proprio come il suo eroe Sherlock Holmes.
Sarà un’impresa difficile, perché raccogliere indizi comporta parlare con tante persone, fare domande e “ficcare il naso”. E Christopher non ama parlare con gli estranei e non può disubbidire al padre che gli ha vietato di immischiarsi in faccende che non lo riguardano.
Indagare come un vero detective, significa esplorare territori sconosciuti e fare scoperte inaspettate.
Per Wellington, Christopher affronterà coraggiosamente le sue paure: il contatto con la gente, di cui non comprende le emozioni, i rumori forti, il colore giallo.
Christopher Boone ha quindici anni e soffre della sindrome di Asperger.
Questa forma di autismo permette al ragazzo di capire tutto di matematica e fisica, ma pochissimo degli esseri umani e delle dinamiche socio-emotive.
Il rapporto che Christopher ha con il mondo circostante è problematico.
Il giallo del cane ucciso a mezzanotte è solo l’inizio di una storia molto più grande, in cui l’adolescente compirà un viaggio che gli cambierà la vita, portandolo a superare i suoi limiti e a confrontarsi con il più grande segreto del suo passato.

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte è un romanzo indimenticabile, commovente, ma anche divertente.
Mark Haddon ci regala il ritratto meraviglioso, verosimile e preciso di Christopher, un ragazzo autistico, perno di tutta la vicenda.
É Christopher a narrarci questa storia, attraverso una sorta di diario-romanzo, compito scolastico.
Ci racconta del giallo di Wellington, esprime i suoi fini e logici ragionamenti sulle cose che lo circondano, descrive i piccoli fatti della sua vita quotidiana, costellata di abitudini talvolta ossessive e ripetitive ma ricche di sicurezza, e quelli grandi e dolorosi di cui fa la scoperta.
La scrittura scorrevole, quasi parlata, arricchita da griglie, disegni ed elenchi, ci trasporta nell’universo del protagonista, ci permette di immedesimarci con un punto di vista assai diverso da quello abituale. Entriamo negli schemi logici di Christopher, in cui non c’è spazio per metafore, pensiero laterale e associazioni emotive.
Ogni cosa viene presa letteralmente, per quella che è, con un approccio diretto, lineare ed essenziale.
Nonostante le evidenti difficoltà di relazionarsi con un mondo che non capisce e che non lo capisce, Christopher mostra una profondità d’essere che non lascia indifferenti; è un personaggio a cui ci affezioniamo e a cui vorremo sempre bene.
Attraverso le sue indagini da detective, esploreremo la sua vita e il suo mondo, lo seguiremo a un passo di distanza fino al punto cruciale della sua avventura e oltre.
L’autore rende un quadro realistico, talvolta desolato, e asciutto della vita di una piccola provincia inglese, di persone comuni alle prese con i loro problemi e autoinganni, con relazioni sociali sbrindellate e singhiozzanti.
E dopo aver conosciuto Christopher, viene spontaneo chiedersi: chi, tra tutti, ha più difficoltà a vivere?
Un romanzo incredibile, da inserire tra i classici.

Curiosità: i diritti cinematografici del libro sono stati acquistati dalla Warner Bros, ma il film non sembra sia stato ancora realizzato. Un peccato, perchè la storia si presta davvero ad una possibile versione cinematografica. Attendiamo fiduciosi.

Davvero consigliato!

Target: + 11 anni.

Un assaggio: “[…] I numeri primi sono ciò che rimane una volta eliminati tutti gli schemi: penso che i numeri primi siano come la vita. Sono molto logici ma non si riesce mai a scoprirne le regole, anche se si passa tutto il tempo a pensarci su. […]” (p.17)
“[…] Gli risposi che non pensavo di essere intelligente: guardavo le cose per quello che erano, e questo non voleva dire essere intelligenti. Significava semplicemente essere dei buoni osservatori. […]” (p.34)

Commenti

  1. mmmmm ma guarda un pò che pagine interessanti! Beh non vedo l'ora di avere un attimo di tempo per poter leggere passo passo tutto quanto!
    ti followo!

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  2. Ciao cara!
    Seguimi seguimi, mi fa piacere assai!
    Un abbraccio
    Ila

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  3. :)
    E' un libro splendido. Una buona lettura estiva se ti va.
    Poi mi dici che se ti è piaciuto.
    Grazie per la visita,

    Ila

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  4. salve, credo ci sia un errore, cito dal testo "L’autore rende un quadro realistico, talvolta desolato, e asciutto della vita di una piccola provincia americana...", ma il romanzo non è ambientato in inghilterra?

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    1. Buongiorno Anonimo,
      grazie dell'appunto, sì ha perfettamente ragione!
      E' stato un lapsus, ora corretto.

      Grazie per l'attenzione e la precisione :) e grazie della visita

      Ila

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